Convincere, accattivare, attirare: sono sufficienti a raccontare l’efficacia del contenuto?

Oggi leggendo un post di Instagram sull’efficacia dei contenuti mi sono imbattuta più volte nel verbo “convincere”.  Parole quali “convincere”, “attrarre”, “persuadere”, “accattivare”, sebbene considerate solo nella loro accezione positiva, sono ancora mancanti di qualcosa per poter pienamente esprimere ciò che intendiamo.

Siamo passati, e  questo è noto anche ai bambini, da un marketing belligerante, che utilizzava termini quali “target”, “colpire”, ad un marketing che potremmo definire della seduzione, quello che ti fa l’occhiolino, che cerca di presentare il prodotto nel suo aspetto più bello, che con le parole cerca di ammaliarti fino a convincerti che lui e solo lui fa al caso tuo.

Attrarre, persuadere, convincere, mi danno la sensazione di essere vicini a ciò che vorrebbero dire, ma di non riuscire a renderlo appieno. Di sicuro tra gli esperti del settore questi termini sono sostituiti da altri più consoni, ma nella maggior parte dei casi, sui profili social di chi si occupa di content marketing essi trovano ancora largo utilizzo.

Forse fino ad ora il mio discorso non è stato proprio chiarissimo. Cercherò di spiegarmi. Siamo tutti d’accordo sull’importanza del contenuto nel marketing, giusto? Siamo d’accordo che senza di esso le aziende non venderebbero più, giusto? Ma questa potenza del contenuto come la raccontiamo? Che tipo di storytelling creiamo per far capire agli altri l’efficacia del contenuto?

Con le seguenti parole: “Il contenuto, attraverso leve persuasive, ha l’obbiettivo di convincere il lettore all’acquisto di un prodotto/servizio”. Lo abbiamo definito in poche parole come la scia di un profumo che determina la sensualità di una donna e fa girare gli uomini a guardarla, o come un reggicalze a malapena celato da una gonna troppo corta che attrae  il maschio alfa. Per dirla più terra terra: c’è il prodotto che da solo non ce la fa a posizionarsi, e allora noi con il contenuto gli diamo una bottarella  affinché il cliente si convinca che acquistarlo è una cosa buona.

Questo è quello che effettivamente comunichiamo, quando parliamo di efficacia di un contenuto per vendere un prodotto/servizio. Ma nella realtà cosa vorremmo davvero comunicare? Il contenuto non convince, non attrae, non persuade, il contenuto è lo strumento attraverso il quale l’azienda crea un legame fortissimo con il cliente, in quanto compie tre azioni fondamentali:

  • informa
  • educa
  • intrattiene

Informare il cliente dei possibili benefici che ne trae acquistando un prodotto, educarlo all’utilizzo di quel prodotto per trarne il massimo vantaggio, intrattenerlo affinché ricordi l’esperienza come entusiasmante: tutto questo non può essere ridotto ad uno storytelling della seduzione, che si basa sul convincimento e sull’attrazione.

Se vogliamo esprimere a pieno l’efficacia del contenuto adottiamo termini che rendano meglio tutto quello che effettivamente fa il contenuto:  ascoltare i bisogni dei clienti, informarli su possibili soluzioni, educarli su come possono utilizzare al meglio un prodotto/servizio, aiutarli a fare la scelta giusta, intrattenerli per rendere la loro esperienza di acquisto la più soddisfacente possibile.

E questo se ci soffermiamo ad analizzare solo una parte del contenuto, quello del blog ad esempio, o dei testi di un sito o della descrizione del prodotto. Poi c’è il contenuto che funge da guida per l’utente che approda su un sito, caratterizzato dai microtesti, piccole porzioni di testo in grado di facilitare la navigazione di un sito all’utente permettendogli di raggiungere il proprio obiettivo, sia esso compilare l’iscrizione ad una newsletter, effettuare il download di un ebook, completare l’acquisto.

Vista così la seduzione è solo una piccolissima parte dell’efficacia del contenuto e sta tutta nella scelte delle parole utilizzate, del tone of voice, del modo in cui decidi di parlare ai tuoi clienti, ai tuoi utenti. Ma non è solo questo, è qualcosa di più complesso che mira a creare rapporti solidi e non relazioni da una notte e via, per intenderci :-))

Contenuti unici: salviamo questa frase dall’abuso

Ho seguito di recente alcuni corsi sul blogging e copywriting e sulla comunicazione e ho riscontrato un unico comune denominatore: sottolineare l’importanza di costruire contenuti unici.

Unicità dei contenuti è una delle frasi più gettonate e forse sta diventando uno di quei modi di dire destinati all’abuso, e allo svuotamento del suo significato. Produrre un contenuto unico che non faccia il verso a chi lo ha già scritto da tempo non è da tutti.

Quando inizi a lavorare nel mondo della comunicazione, incominci a guardarti intorno, a vedere quali contenuti producono  i guru del web. Inizi così a cavalcare l’onda di un contenuto vincente già proposto da altri. Se sei bravo con il personal branding e ad instaurare relazioni online con chi è del settore, incominci ad avere la tua cerchia di clienti. Sopraffatto dalla routine lavorativa, assorbito totalmente dalle scadenze, cerchi di rimanere a galla e i tuoi buoni propositi di creare contenuti unici vanno a farsi benedire. Certo, per i tuoi clienti, un minimo di unicità cerchi di mantenerla, perché sei un professionista, ma quel tanto che basta a chi non è del settore per essere soddisfatto e a te, come lavoratore, per affermare di aver fatto il tuo in modo onesto e pulito.

Impostare la propria professione in questo modo ti costringe a stare dietro ad ogni novità, ad ogni contenuto unico proposto da altri. E così passi il tempo a rincorrere clienti, a rincorrere gli ultimi aggiornamenti nel campo della comunicazione, a rincorrere i profili social su canali nati di recente che stanno diventando di successo. Un’eterna corsa.

Più o meno se ti va bene va in questo modo, anzi no se ti va così ti va alla grande. A dispetto di tutto e tutti hai fatto della tua passione un lavoro con il quale ci campi pure.

Nel bel mezzo della carriera professionale ti balena pure l’ idea di realizzare un ebook, un video tutorial, un mini corso sulla comunicazione o di essere invitato a partecipare ad una conferenza che ti viene proposta proprio da uno di questi guru del web con i quali, grazie al tuo personal branding impeccabile, hai costruito un’ottima relazione. Sei chiamato a formare nuove menti, coloro che come te quando hai iniziato a muovere i primi passi, ti guardano come custode della verità assoluta della comunicazione. E cosa proponi a questi speranzosi giovani come momento formativo più importante? La risposta è ovvia: l’importanza di costruire contenuti unici.

E i tuoi contenuti unici dove sono finiti? Si sono persi forse nel mentre che cavalcavi l’onda del successo inseguito già da altri e pensavi “se è andata bene per loro perché non dovrebbe andare bene pure per me?”. Oppure sono andati perduti mentre ascoltavi i tuoi clienti e propinavi loro il piano editoriale strutturato dove nulla è lasciato al caso e spazio per l’originalità ce n’è poco?Pardon, per l’unicità. Perché l’originalità può portare in sé connotazioni negative, quali voler apparire diverso a tutti i costi, rasentando il ridicolo.

Si parla di unicità, ovvero il tuo unico e solo io produce qualcosa di meraviglioso per gli altri, e in quanto tale è diverso da qualsiasi altra persona. Il tuo contributo al miglioramento della comunicazione di cui tanto si parla qual è?

Il tassello mancante che tu e solo tu potevi, potresti, puoi aggiungere al mondo della comunicazione dov’è finito?

Ma tutto questo non è colpa tua. Anzi significa che sei entrato talmente bene nel sistema che non hai bisogno di metterlo in discussione, non hai l’esigenza, l’urgenza di scardinarlo per renderlo migliore. Vuol dire che hai trovato l’habitat lavorativo giusto per te. E di questo non puoi che esserne felice.

Però allora non tiriamo in ballo il concetto di unicità sempre e in ogni dove pur di sembrare originali. Perché a buttarla sempre lì la parola unicità, legata ai contenuti, commettiamo il solito abuso di qualcosa che può essere ancora salvato da un triste destino.

L’unicità va raccontata come un percorso lungo e faticoso che richiede tempo, costanza, impegno e tanta solitudine. Produrre un contenuto unico significa nella reale maggior parte dei casi che esso non venga capito subito perché in quanto unico non ha termini di paragone. Se li avesse non sarebbe tale.  Significa avere il coraggio di mettersi in gioco, ogni giorno, sperimentare. Peccato che tutte queste parole siano abusate e come al solito cadano nel nulla, perché prive di significato.

Provo allora a dirle in un altro modo. Produrre un contenuto unico significa andare a tentoni nel buio più pesto che c’è, non avere punti di riferimento, provare e riprovare fino a quando esso non venga accettato dalla platea. Vuol dire riuscire a creare un bisogno nel tuo pubblico che prima non sapeva di avere o quantomeno non aveva il coraggio di dichiararlo.

Mente aperta, duttile, che contempla l’errore e anche la delusione e la solitudine e la capacità di perseguire un obiettivo con costanza.

Raccontare il contenuto unico in questo modo può avere un senso. Non si smetterà mai di averne bisogno. I contenuti unici sono boccate di ossigeno, aprono la mente che si concentra su percorsi non comuni.

Per parlare di unicità e proporla come possibile occasione per avere successo nel proprio lavoro o per fare un lavoro soddisfacente bisogna partire da sé stessi e proporsi come modello, con  il proprio esempio.

Salviamola questa parola dal suo triste e inesorabile destino: che l’unicità resti tale e con essa anche il contenuto.

Il mestiere del Blogger: lo smart working e il personal branding ai tempi della quarantena

Per un Blogger freelance lo smart working non è una novità, si organizza da solo, non teme distanze fisiche e costruisce il suo personal branding nel 80% online. Di mattina gli basta uno schiocco delle dita per passare dalla zona casa alla zona lavoro, prova sulla sua pelle la condizione di lavoro no-stop e di abbrutimento totale se non riesce ad organizzare la sua giornata lavorativa.

Dopo un po’ diventa una questione di sopravvivenza mentale e fisica mettere dei paletti tra sé stesso e gli altri collaboratori e gestire il proprio lavoro come un qualsiasi lavoro di ufficio, infilarci una sessione di sport di sera o di mattina presto, coltivare hobby che lo spingono a distogliere il proprio pensiero dal lavoro.

E allora cosa cambia in questo periodo di quarantena? Innanzitutto aumenta la consapevolezza di quanto sia importante l’organizzazione del proprio lavoro. Occorre restare concentrati, non farsi prendere dal panico, essere presenti a se stessi.

Di seguito tre punti da applicare per riuscire ad affrontare nel migliore dei modi questo periodo critico:

  • consolidare la propria rete professionale
  • rafforzare il proprio personal branding online
  • progettare, progettare, progettare

Non appena è partita la quarantena i miei feed di facebook e instagram sono stati sommersi da iniziative gratuite di corsi, sessioni della durata di un’intera giornata completamente gratuite, professionisti che si prestavano a call gratuite per aiutare aziende in alto mare. Consigli su come impiegare il proprio tempo facendo sport in casa, yoga, o stimolando la propria creatività.

In poche parole vi ho descritto cosa fanno i veri professionisti in un momento di crisi: investono sul loro futuro e su quello degli altri perché sono consapevoli che attraverso la collaborazione che tutti noi riusciremo a venirne fuori.

Non si tratta di atti cartitatevoli, si tratta di personal branding. Il blogger professionista sa benissimo che per uscire da questa situazione deve mantenere ben saldo il proprio network e allora per evitare che le distanze fisiche diventino anche lavorative, investe su di esse il doppio.

Quindi decide di offrire il proprio contributo gratuito, sia formativo o di consulenza, partecipa ad iniziative online che appartengono al suo settore: in questo modo egli consolida la propria presenza come professionista in quel determinato settore. È consapevole che bisogna sfruttare al massimo i canali social per comunicare agli altri le proprio competenze e metterle al loro servizio.

Sembra facile, ma in realtà richiede al blogger una mentalità imprenditoriale e un lavoro estremamente strutturato ed organizzato. Il personal branding ai tempi della quarantena non si improvvisa, è il frutto di anni e anni di duro lavoro su sé stessi, che consente di dare il massimo proprio in un periodo così critico come quello che stiamo affrontando.

Non avere una visione imprenditoriale del proprio lavoro, strutturato ed organizzato, non ti consente di essere di aiuto agli altri e di comunicare agli altri quanto le tue competenze possono essere importanti.

L’ultimo punto è quello che mi sta più a cuore ed è la progettualità. Progettare, progettare, progettare, dovrebbe essere il mantra non solo di ogni blogger freelance, ma di ogni professionista, di ogni lavoratore. Progettare ha in sé l’idea del futuro, del sogno che si potrà avverare dopo e di come noi ci stiamo dando da fare affinché, quando il momento critico finisce, esso possa concretizzarsi. Personalmente credo che ognuno di noi debba vivere sempre con un piano b, anche se poi non servirà mai, se non lo vedremo mai completato come vorremmo, l’importante è averlo. Pensare che un giorno potremmo essere altro, o che quando ci toglieranno l’attuale vita lavorativa, saremo pronti già ad affrontarne un’altra, perché ci abbiamo lavorato nel corso degli anni, può fare la differenza nella percezione di ogni catastrofe, piccola o grande che sia.

Questo periodo aiuta a capire quanto la precarietà non deve spaventare e non va affrontata con la ricerca costante di soluzioni indeterminate e stabili, ma con la capacità di mettersi in gioco, reinventarsi, pensando al futuro anche se quello che ruota intorno a noi va a rotoli.

Ora faccio finta che l’anno sia iniziato in questi giorni, perché credo che dopo tutto questo cataclisma che si è abbattuto su di noi, l’umanità riuscirà a vivere una rinascita, e vi auguro un 2020, anzi meglio, una vita semore piena  di progetti da realizzare e di piani b.

 

Il mestiere del blogger: gestione di un nuovo cliente, conoscenza del prodotto e strategia di comunicazione

Non sempre i blogger hanno la fortuna di poter scrivere di ciò che conoscono a menadito e quindi cosa può fare un blogger quando gli viene commissionato di strutturare una strategia di comunicazione su un argomento/prodotto/servizio che non conosce?

Cosa devo fare quando mi viene commissionata la gestione di un blog su un prodotto/servizio che non conosco?

La fase della ricerca è fondamentale ma per un blogger ci sono degli ostacoli da superare. Innanzitutto la percezione del valore del blog da parte del committente. Nonostante si proclami oramai da anni che content is the king, il blogger si trova ancora a dover combattere contro i mulini a vento quando cerca di far capire in che modo va gestito il workflow della produzione dei contenuti. 

Nella maggior parte delle aziende l’opinione comune è quella che la fase della scrittura e quindi della creazione dei contenuti sia la più semplice. Cosa può mai servire ad un blogger? Un pc e la sua abilità creativa. È come se il cervello del blogger fosse un pozzo onnisciente, un cilindro magico da cui estrarre contenuti ad hoc all’occorrenza.

Mi è capitato infatti di dover trattare  argomenti difficilissimi abbandonata a me stessa, tra le quattro mura della mia location lavorativa senza poter chiedere una briciola di informazione a nessuno.

La fase della ricerca è quindi fondamentale e altrettanto complicata. Cerchiamo di capire cosa succede nella vita reale. Il primo step che devi fare anche se il più delle volte farai un buco nell’acqua è quello di rivolgerti al committente e chiedergli tutte le news che ha su quel determinato topic (prodotto/servizio che sia). 

Se lavori per un’agenzia il più delle volte ti rifila il leaflet dell’azienda, composto da al massimo un paio di paginette in cui sono sintetizzati al massimo i prodotti e i servizi. Se sei fortunato ti consegna una brochure di 24 pagine con una postilla: questa brochure è stata fatta dall’agenzia precedente e il proprietario dell’azienda non è molto soddisfatto perché i prodotti sono spiegati male. Bene! È come un cane che si morde la coda. E a te non resta che leggere quel materiale e poi fare di testa tua.

Se invece hai il contatto diretto con l’azienda di cui devi scrivere, fai attenzione al tuo referente, accertati che sia per l’azienda una fonte autorevole, in modo da non essere costretto a cambiare quello che hai scritto in base all’interlocutore aziendale che lo legge.

Fai tutte le domande che ti vengono in mente e osserva come viene descritto il prodotto dall’azienda, quali parole utilizza, i valori che intende trasmettere. Il tuo interesse deve rivolgersi non solo alle specifiche tecniche del prodotto ma anche ai vantaggi che si traggono dal suo utilizzo. Questi ultimi ti saranno utili per capire in che modo la gente può risolvere i propri problemi grazie a quei prodotti/servizi.

Dietro alla nascita di un’azienda ci sono storie interessanti che non riguardano solo il profitto e se riesci a venirne a conoscenza puoi creare degli ottimi testi per il tuo pubblico. Quindi poni l’attenzione sul perché, sul cosa e sui benefici.

Informati come se fossi un potenziale cliente, ti consentirà di metterti nei suoi panni e ad erogare testi che risulteranno utili.

Come ho anticipato la tua fase di ricerca iniziale dovrà essere su due fronti: interno e quindi a diretto contatto con il committente ed esterna ovvero le tue ricerche personali.

Per le seconde ci sono tre fattori che possono guidarti nella scelta della fonte giusta:

  • L’esperienza
  • Il passaparola
  • L’intervista

Partiamo con il primo, l’esperienza. Allena il tuo radar interiore ad intercettare la fonte giusta. Per fare questo hai bisogno di leggere, studiare. Dopo un po’ ti verrà facile capire quale fonte è attendibile e quale scartare. Di solito una fonte attendibile è quella che non ha solo teoria ma analizza esempi concreti.

Il secondo punto è ciò che dicono i forum e le social community su prodotti e servizi simili. Di solito questi luoghi virtuali ti aiutano a capire le domande che delle persone non competenti e ad analizzare le risposte degli esperti. In questo modo ti puoi rendere conto dei dubbi dei potenziali clienti e puoi strutturare i tuoi articoli come risposta ad essi.

Infine l’intervista con l’esperto del settore ti aiuta a sviscerare l’argomento, eliminando eventuali dubbi. Puoi richiedere l’intervista direttamente al ceo dell’azienda o a chi per esso. In questo modo potrai renderti conto di come “sentono” l’azienda, i prodotti e che tipo di rapporto instaurano con i clienti.

Dopo la fase della ricerca e quindi dopo essere arrivato ad un punto in cui padroneggi l’argomento, prima di procedere con i tuoi post devi porti e porre ancora alcune domande.  

Come agisco se la strategia di comunicazione attuata fino ad ora dall’azienda non è efficace, ma l’azienda non ne è consapevole?

Innanzitutto devi chiarire con l’azienda quali obiettivi intende raggiungere con il blog, capire quali sono stati raggiunti fino ad ora e se è il caso di continuare il lavoro fatto in precedenza o proporre una strategia nuova.

Può capitare che l’azienda, ignara di come si imposti la strategia di comunicazione di un blog, reputi che il lavoro svolto fino a quel momento abbia bisogno solo di qualche modifica. 

Purtroppo tu visionando il materiale non sei assolutamente d’accordo e pensi invece che ci sia bisogno di un cambiamento radicale per una serie di motivi:

  • Non è in linea con la buyer persona
  • Non rispecchia il customer journey
  • Non è in linea con gli obiettivi aziendali
  • Non è assolutamente accettabile come comunicazione di un blog.

In questo caso dovrai armarti di santa pazienza e illuminare i tuoi interlocutori sulla necessità di lavorare ancor prima che sui testi, sull’ analisi dei propri lettori e quindi potenziali clienti.

Anche quando lavori in un’agenzia e sviluppi le tue attività di blogging in autonomia dovrai chiarire a chi ha il contatto diretto con l’azienda l’esigenza di un cambiamento della strategia di comunicazione. 

Presenta la tua strategia di comunicazione per il blog aziendale affrontando i seguenti punti:

  • L’analisi della buyer persona
  • L’analisi del customer journey
  • Smart goal che si intendono raggiungere
  • Analisi delle keywords
  • Piano editoriale

Il tuo interlocutore deve capire che gestire un blog non si riduce alla semplice stesura di articoletti più o meno creativi, ma è una vera e propria strategia che si articola su analisi ben precise. In questo modo riuscirai a dare valore al tuo lavoro e illuminerai il tuo cliente sulle potenzialità di un blog.

Conclusioni

Come puoi ben vedere il lavoro da blogger non si riduce allo stare seduto ad una scrivania e partorire testi creativi per un’azienda. Il blogger sviluppa una strategia di comunicazione, in base ai risultati delle sue ricerche, al posizionamento dell’azienda sul mercato e agli obiettivi che vuole raggiungere.

Come creare un Case Study grazie al quale puoi raccontare ciò che fai per i tuoi clienti

 

Case Study – Business Concept

 

Il Case Study ha lo scopo di far conoscere ai tuoi prospect quanto il tuo intervento sia stato significativo per risolvere i problemi dei tuoi clienti.  Si tratta di una tipologia di contenuto che ha più valenza informativa ed educativa e meno di vendita.  Attraverso questa storia racconti ai tuoi lettori, potenziali clienti, quali benefici possano trarre chiedendo aiuto alla tua azienda. La parola “storia” non è buttata li a caso, in quanto la struttura del tuo case study è uguale a quello dello storytelling: c’è un eroe che deve superare delle sfide per uscirne vittorioso.

Vediamo nel dettaglio come strutturare un case stady.

Il primo step da fare è quello della ricerca. Senza di essa non vai da nessuna parte e corri il rischio di scrivere un contenuto troppo breve e privo di dettagli significativi. Ecco perché non devi assolutamente trascurare la fase della ricerca, durante la quale sarà fondamentale per te intervistare le persone chiave della storia.

Immagina di dover scrivere un case study che parla di una struttura di coworking e di come abbia aiutato una SPA nel processo di internazionalizzazione.

A meno che tu non sia già un esperto della materia, ancora prima della ricerca dovresti  studiare cosa sono coworking e processo di internazionalizzazione di impresa e poi in un secondo momento puoi concentrarti  sull’azienda cliente, attraverso un’intervista diretta al CEO.

La ricerca è ciò che ti consente di fare scorta di dettagli che ti saranno poi utili durante la stesura del tuo case study.  Sebbene si tratti di business non deve annoiare. Ecco perché lo storytelling è fondamentale.

Passi falsi da evitare

Il primo passo falso da evitare è quello di far diventare il tuo case study una tesina accademica.

Il secondo passo falso sempre da evitare è quello di non inserire nessuna immagine al suo interno. Proprio perché il tuo case study  potrebbe essere abbastanza lungo, intervallare il contenuto testuale con quello visual può essere una buona soluzione.

Struttura del Case Study

Ho letto di recente il libro, The Copywriting sourcebook, ed ho trovato estremamente utile il tipo di struttura proposta per il case study. Te la ripropongo con qualche esempio.

    1. Headline 

L’HEADLINE è fondamentale in quanto ha il compito di indicare al lettore la sfida che il tuo cliente è riuscito a superare grazie all’aiuto della tua tua azienda.

“Come abbiamo agevolato l’internazionalizzazione d’impresa dell’azienda YYY SPA con la nostra struttura di coworking”.

Immagina di aver aiutato ad aumentare le conversioni del 20%  in 6 mesi di un e-commerce che vende prodotti vegani grazie ad un content marketing strutturato. La tua headline potrebbe essere:

“Aumentate le conversioni del 20% in soli sei mesi costruendo un piano editoriale efficace per il blog dell’ e-commerce” VeganShop”.

  2. Piramide Inversa: il topic principale all’inizio

Nel paragrafo introduttivo seguendo la regola giornalistica delle 4 W (who, what, where, when), racconti la storia in sintesi, diciamo che presenti al lettore lo scheletro della storia.

“L’azienda YYY SPA si è rivolta alla nostra struttura di coworking per iniziare un processo di internazionalizzazione.  La scelta tra le varie opzioni è ricaduta sul nostro pacchetto gold che oltre ai servizi di Temporary office comprende anche una lista di contatti con le aziende del posto, con potenziali collaboratori e futuri stakeholder. L’offerta comprende anche la possibilità di allestire fiere all’interno del nostro coworking durante le quali presentate i propri prodotti. Nel giro di un anno YYY SPA è diventato uno dei principali player del nostro territorio nel settore delle ceramiche.”

   3. Racconta la sfida che il tuo cliente deve affrontare 

Nella prima sezione puoi esporre la sfida che deve affrontare il cliente.  Nel nostro caso la sfida principale è caratterizzata da due componenti: non avere contatti e non avere una sede definitiva in loco, dal momento che non si vuole correre il rischio di investire in soluzioni molto dispendiose.

Il coworking è la soluzione ideale per l’azienda YYY SPA in quanto offre la possibilità di una sede temporanea e non molto impegnativa dal punto di vista economico.

   4. Quali Benefici offri al tuo cliente?

In questa sezione devi inserire i benefici che  nel nostro caso il coworking assicura alla SPA nel suo processo di internazionalizzazione:

– ufficio temporaneo in loco a costi vantaggiosi

– accesso alla lista di contatti locali (fornitori, collaboratori)

– la possibilità di allestire fiere per presentare il proprio prodotto.

   5. Storytelling

È arrivato il momento di raccontare una storia accattivante per il lettore. In questa sezione puoi dare ampio spazio ai dettagli più interessanti, ai retroscena, ai colpi di scena. Puoi mettere in atto una strategia accurata di storytelling. In questa sezione puoi dare voce al cliente come testimonials, i benefici che ha ottenuto e in quale area del business o del mercato. Puoi aggiungere una sua citazione.

  6. Non è finita qui

Nel caso in cui la collaborazione con il cliente continui e ci siano altri sviluppi puoi inserirlo in questa sezione.

Puoi concludere con una CTA che induca l’utente a restare in contatto. L’invito può riguardare la visualizzazione di un altro case study oppure una consulenza gratuita del business di 30 minuti. Sono tutti validi motivi per mantenere un contatto.

Conclusioni

Il case study è un contenuto importante per un’azienda, consente di mostrare ai potenziali clienti ciò che può fare per loro, quali risultati può aiutarli a raggiungere.

Breve vademecum per scrivere una direct email efficace

 

Direct mail, croce e delizia di tutti i copywriter e tuttora nonostante abbia letto qualcosa e l’abbia io stessa messo in pratica, riconosco che delle zone d’ombra persistono. Molti dei libri che ho letto sono americani e quindi gli insegnamenti vanno presi con le pinze perché c’è sostanzialmente una differenza nella lingua e nella mentalità. La lingua inglese ha meno sfumature rispetto a quella italiana, il che incide molto su determinate scelte di stile. Stesso discorso vale per la mentalità, quella italiana è ancora bacchettona sulla formalità di un certo tipo di corrispondenza.

Ovviamente l’interlocutore fa la differenza: se si tratta di start-up, o di aziende che appartengono all’ambito digital allora buona parte dei suggerimenti made in USA possono sicuramente essere consoni, ma quando il nostro interlocutore è la piccola azienda a conduzione famigliare, il negozio del quartiere, allora la mentalità tutta italiana può avere una grande influenza. Immagina di essere un’azienda che produce gazebo e durante una fiera hai preso alcuni contatti e ti hanno espressamente richiesto maggiori informazioni. Stiamo parlando di interlocutori non digital che rientrano nella seconda categoria a cui ti ho accennato poc’anzi per cui sei davvero combattuto tra un esordio vecchio stile ed uno un po’ più amichevole, perché del resto sempre nel 2020 siamo.

Ecco quindi un piccolo vademecum con delle semplici indicazioni su come impostare la tua email senza uscire troppo fuori dai binari e allo stesso tempo capace  di confermare l’interesse del potenziale cliente.

1. Una direct email deve essere un’email a tutti gli effetti

Cosa significa questo? Il valore della tua direct mail sta tutto nel testo che scriverai e poco nella scelta delle immagini. Anzi è opportuno dare poco spazio alle immagini e lasciarle per altre tipologie di contenuti, tipo la brochure. L’impostazione quindi deve essere quella di una normale lettera e deve contenere:

  • i saluti iniziali
  • il messaggio
  • saluti finali
  • PS se c’è necessità di inserirli

2. Formattazione e leggibilità del testo sono alleati del successo della tua direct mail

La formattazione del testo non deve essere assolutamente tralasciata pena la scarsa leggibilità della tua email, elemento imprescindibile per il successo del tuo email marketing. Ciò che conta è costruire un testo che non sia una corsa ad ostacoli per chi lo riceve. Quando viene recapitata una direct email ad una persona la sua riluttanza nel leggerla è elevatissima, se poi aprendola, ad un primo sguardo, la lettura gli risulta difficile, quasi sicuramente deciderà di cestinarla. Ecco il motivo per cui devi prestare la massima attenzione alla leggibilità della tua direct mail.

2.a  Suddivisione del testo in paragrafi e utilizzo di titoli e teaser

Devi suddividere il messaggio della tua email in paragrafi, altrimenti l’effetto è quello del famoso muro di parole, che farebbe desistere dal leggere anche il più interessato dei clienti. Ogni paragrafo può essere accompagnato da un titolo che aiuta il lettore nella scansione del testo e degli argomenti di cui tratta. Anche la funzione del teaser non è da sottovalutare in quanto essi servono ad invogliare  il lettore a continuare la lettura di email troppo lunghe. Un esempio potrebbe essere: “Ma non è finita qui…” alla fine di un paragrafo, lasciando intendere che seguono ulteriori informazioni nel paragrafo successivo.

2.b Utilizzo e scelta del font: tipologia e dimensioni

L’utilizzo del font è un altro elemento da tenere in grande considerazione e deve essere guidato dalle seguenti regole:

  • non è  il caso di utilizzare font troppo originali che richiedono uno sforzo da parte del lettore per decifrare le singole lettere.
  • utilizza una dimensione del font che sia facilmente leggibile per il tuo lettore
  • utilizza il font giusto per l’email; la scelta è tra Courier, Times New Romans e Serif
  • le dimensioni del corpo del font devono essere 13 o 14
  • sono ammessi solo due tipi di font diversi, uno per l’headline e l’altro per il bodycopy;
  • l’utilizzo di molti font diversi genera confusione

2.c Lunghezza del testo

La lunghezza del testo la decidi tu in base a ciò che di importante hai da dire. Ovviamente l’importanza dell’argomento è in relazione alla sua capacità di interessate l’utente e di trasformarlo in Lead.

2.d La firma

La firma è fondamentale e deve essere personale non a nome di un team. La firma personale accorcia le distanze tra te e il tuo lettore.

3. Il messaggio

Il primo step è concluso, hai definito il layout della tua email:

  • suddivisione in paragrafi
  • titoli e teaser
  • font (tipologia e dimensioni)
  • lunghezza del testo
  • firma

Ora sei finalmente pronto per la stesura della parte più importante della tua mail, il contenuto. E qui entrano in gioco altri fattori:

  • tone of voice
  • struttura del messaggio
  • Oggetto
  • Post scriptum

3.a Tone of voice

Il tone of voice deve essere caldo e accogliente, amichevole e genuino. Un linguaggio troppo formale fa risultare il messaggio artefatto e aumenta le distanze tra mittente e destinatario. Per evitare questo è opportuno valutare bene la scelta delle parole, soprattutto quando si tratta di termini tecnici, da utilizzare solo se strettamente necessari.

3.b La struttura del messaggio

La scelta della piramide inversa è molto efficace per la direct email:

  • titolo
  • paragrafo introduttivo chiaro e coinciso sui benefici che può offrire il tuo prodotto
  • approfondimenti

La descrizione iniziale ti aiuta a catturare l’attenzione del lettore sin dalle primissime righe, per questo è indispensabile condensare il messaggio principale all’inizio dell’email e poi concludere il paragrafo con un teaser per invitare l’utente a proseguire con la lettura.

Ma come posso fare a catturare l’attenzione del lettore? Cosa devo scrivere all’inizio dell’email? I benefici che gli utenti traggono utilizzando i tuoi prodotti. Se hai problemi a focalizzare i benefici dei tuoi prodotti esercitati a concludere queste frasi:

  • Il mio prodotto aiuta i clienti perché
  • Il mio prodotto aiuta i clienti perché attraverso di esso i miei clienti possono comunicare in maniera efficace

Continua fino a quando non avrai sviscerato tutti i benefici che il tuo prodotto può rappresentare per i tuoi clienti. Come avrai di certo notato l’attenzione del messaggio della direct email è totalmente concentrata sul lettore e sui suoi bisogni. Sì alla descrizione dei benefici del tuo prodotto, e anche delle sue caratteristiche ma sempre in relazione ai benefici.

In alternativa ai benefici puoi partire ponendo una domanda su un problema che può essere di interesse per il tuo lettore e poi indicare i tuoi prodotti o servizi come la possibile soluzione. E’ ovvio che per fare questo devi essere sicuro che i tuoi prodotti rispondano ai bisogni del tuo target altrimenti la tua email sarà considerata inevitabilmente spam.

Dopo aver introdotto quali benefici possono trarre i tuoi lettori puoi inserire anche alcune testimonianze dei tuoi clienti, senza però migliorarle, il lettore deve percepire che  c’è del vero in quello che gli stai scrivendo.

Lo scopo principale della direct email non è vendere ma è aprire un canale di comunicazione con i tuoi potenziali clienti, ecco perché bisogna porsi come obiettivo la costruzione di una relazione e non direttamente la vendita, questa va intesa come step successivo.

3.c.  L’oggetto

L’oggetto dell’email è un altro elemento da trattare con estrema attenzione. Esso deve anticipare il contenuto dell’email e può essere personalizzato inserendo al suo interno il nome del destinatario.

3.d. Post Scriptum

L’occhio del lettore cade subito sul PS per la sua posizione isolata, che lo colloca immediatamente dopo la firma. Normalmente esso viene inserito per comunicare notizie interessanti e quindi può catturare facilmente l’attenzione del lettore.

Esempio

Gentile Signor Tal Dei Tali,

(motivo della mail) le scrivo per fornirle ulteriori dettagli sui nostri gazebo che ha avuto modo di vedere dal vivo durante la fiera che si è tenuta a Torino lo scorso ottobre.

Il successo e la buona riuscita di un’esposizione outdoor in buona parte dipende dai gazebo.Bisogna essere pronti ad ogni contrattempo metereologico, raffiche di vento, pioggia insistente, utilizznado gazebo che sono impermeabili e resistenti. (benefici)

Essendo il suo, un evento in cui si parla di arte è altresì fondamentale un allestimento curato che  ponga grande attenzione anche al lato estetico. La nostra linea luxury è la proposta che fa al caso suo. Essa coniuga lo stile con un ‘elevata personalizzazione. Questo non siamo solo noi a dirlo ma soprattutto i nostri clienti.(testimonial)

Albert e Mary, due nostri clienti, ci hanno inviato il video di un loro evento che ha avuto come protagonisti i nostri gazebo luxury, a testimonianza della loro soddisfazione. Se vuole può visionarlo nella nostra videogallery.

Per ulteriori informazioni e dettagli non esiti a contattarmi.

PS

Questo mese potrà usufruire della promo dedicata alle festività.

Cordiali Saluti

Simona Fiore

Conclusioni

Strutturare una email nel modo più efficace è un gioco di equilibri tra destinatario, messaggio, prodotti. Trovare la chiave giusta per ogni lettore non è semplice ed è frutto di esperienza e di sperimentazione continua. Queste sono le conclusioni che ho tratto sulla costruzione di una direct mail secondo la mia esperienza. Se ti va di confrontarti sull’argomento sei il/la benvenuto/a.

A lezione di copy da QVC

Quattro giorni di influenza, il cervello ko e l’unica fonte di distrazione dalla febbre la televisione. E tra uno zapping e l’altro sono stata catturata letteralmente da un unico e solo programma, QVC Italia. All’inizio ero solo incuriosita dai prodotti, poi più la febbre scemava, più i miei neuroni si attivavano, più l’addiction al programma aumentava. Dai prodotti la mia attenzione si è spostata sui presenter e poi su ciò che dicevano, le parole che utilizzavano. Qualcuno potrebbe obiettare che l’attenzione era catturata dai prodotti e quindi era stato facile per me diventare una fan.

Eppure credetemi non penso di essere in target per tutti i capi presentati. Ma in poco tempo sono diventata fan del programma.

Mi sono detta che se qualcuno vuole iniziare a capirci di copywriting può farlo partendo proprio dagli script che utilizzano i presenter nel programma TV di Qvc.

Il tipo di comunicazione utilizzata si basa su tre elementi, perlomeno quelli che una me febbricitante ha colto al volo:

  • accuratezza
  • positività
  • empatia

1. Linguaggio accurato

La scelta delle parole è sempre accurata, mai lasciata al caso, per cui non sentirete mai frasi del tipo: “Non vogliamo farti perdere tempo”. Una frase del genere verrà  sapientemente sostituita con: “Sappiamo che il tuo tempo è prezioso”. Oppure “siamo consapevoli del valore che il tempo ha per te.” Le parole non sono buttate li a caso ma sono scelte con sapiente maestria. Si nota proprio questo nel presenter di QVC: la sua attenzione ai propri ascoltatori e al tipo di comunicazione piu adatta.

2. Positività

Per fare breccia nel cuore dei propri utenti è importante utilizzare una comunicazione  che non faccia luce sugli aspetti negativi fisici o caratteriali trattandoli per tali, ma li sottolinei in modo positivo. Un esempio è la vendita di stivaletti dal materiale elastico che li rende comodi anche per le donne che hanno il “collo del piede importante”.

Ecco che un difetto del piede che poteva essere defintio con aggettivi del tipo grosso, largo, grasso, nella descrizione su menzionata diventa “un collo del piede importante”.  Si nota subito che in questo modo la percezione del difetto in una comunicazione positiva cambia drasticamente in meglio.

3. Empatia

Enttambi gli esempi sopra citati sono le basi per la costruzione di una comunicazione empatica. L’attenzione alle esigenze del cliente è altissima. Le descrizioni dei prodotti e dei materiali sono totalmente focalizzati sulle esigenze dei clienti. Su di esse si costruisce un accurato storytelling, contestualizzando l’utilizzo di quella determinata maglia o pantalone o  scarpa che sia. Un esempio interessante è la vendita di una giacca da casa felpata, in diverse fantasie. Il presenter di QVC pone subito l’accento sull’utilizzo del prodotto, “quando si è comodamente a casa” , e ne sottolinea il vantaggio,  “per essere sempre presentabili anche quando ci chiama la vicina per essere aiutata con la spesa.”

Nella nostra memoria visiva scatta subito proprio quell’immagine così ben delineata dal presenter e ci immaginiamo pronte ad aiutare la vicina in maniera finalmente presentabile. Fare leva sul contesto fa sì che l’immedesimazione da parte del cliente sia immediata.

L’attenzione alla comunicazione è tale che QVC ha creato un proprio vocabolario, https://www.qvc.it/generic-pages/footer/il-tuo-shopping/le-parole-di-qvc.html,  grazie al quale l’utente riesce ad orientarsi tra le varie tipologie di offerte.

Scarsità e urgenza è ciò su cui fa leva questo vocabolario, e allo stesso tempo la sua condivisione pone l’accento sul senso di appartenenza a una community.

Conclusioni

Ecco un consiglio che mi permetto di dare a te che sei aspirante copywriter e non sai da dove cominciare: ascolta QVC e ti renderai conto di quanto possa essere importante una comunicazione efficace. Un altro consiglio che ti dó è quello di allenare i tuoi sensi a cogliere tutte le situazioni in cui ti rendi conto che la comunicazione messa in atto è quella giusta.